Alle 9.15 del 17 maggio 1972, mentre esce dalla sua abitazione milanese di via Cherubini per recarsi al lavoro, viene freddato da due sicari che gli sparano alle spalle. Muore così Luigi Calabresi, commissario capo della Questura, a soli 34 anni di età.
Soltanto molti anni più tardi si scopriranno i nomi degli esecutori e dei mandanti, esponenti di Lotta Continua: Ovidio Bompressi, Leonardo Marino, Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri.
Vittima di un omicidio quando è ancora giovane, con pochissimi anni di servizio alle spalle. Una laurea in giurisprudenza nel 1964 all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, poi la decisione di non fare né il magistrato né l’avvocato: nel 1965 vince il concorso per diventare vicecommissario di Polizia. Giusto il tempo di frequentare il corso, poi viene spedito a Milano.
Lì lo attende un compito difficile: monitorare tutto quanto sta accadendo negli ambienti di sinistra. Non in quelli della politica attiva, bensì nei gruppi autonomi extraparlamentari. In particolare negli anarchici. E’ lui, nel 1967, a occuparsi dello sgombero dell’Università Cattolica di Milano da parte dei ragazzi di Lotta studentesca guidati da Mario Capanna. Preludio a quello che sarà il ’68. Una stagione che Calabresi conoscerà molto bene, ora nelle vesti di commissario capo, costretto a intervenire più volte in occasione delle manifestazioni. Sempre cercando di evitare gli eccessi, da una parte e dall’altra: il 21 novembre 1969 lo fa per evitare il pestaggio di Mario Capanna da parte degli agenti di Polizia in occasione del funerale dell’agente Antonio Annarumma, ucciso a 22 anni durante una manifestazione dell’Unione Comunisti Italiani e del Movimento Studentesco.
Una ventina di giorni più tardi uno degli episodi chiave che porteranno all’omicidio. L’anarchico Giuseppe Pinelli, interrogato in Questura dopo la strage di piazza Fontana, muore cadendo dal quarto piano. Esattamente dalla finestra di Calabresi. Per i poliziotti si tratta di suicidio, per gli anarchici Pinelli è stato scaraventato dalla finestra. Identificando il colpevole: Luigi Calabresi.
La magistratura, soltanto molti anni dopo, in seguito alle indagini del giudice Gerardo D’Ambrosio arriverà a definire che Calabresi non era nemmeno nel suo ufficio e che quel fatto è da considerare una casualità a causa di un malore.
E addirittura soltanto nel 1988 salteranno fuori i nomi dell’omicidio del commissario capo della Questura: sarà la confessione di Leonardo Marino a far luce su quella vicenda.
Calabresi, nel frattempo, è stato proclamato Servo di Dio dalla Chiesa cattolica, definito “testimone del Vangelo ed eroico difensore del bene comune” da parte di Papa Giovanni Paolo II. E’ in corso il processo di beatificazione. Nel 2004 anche Carlo Azeglio Ciampi, allora Presidente della Repubblica, gli conferisce la Medaglia d’oro al Merito Civile alla memoria.