MONZA – 29 luglio 1900, Monza. Re Umberto I, in vacanza in città, dove aver partecipato alla premiazione del Concorso Ginnico della Società Sportiva Forti e Liberi, sale sulla carrozza in direzione della villa reale mentre la folla applaude, saluta e festeggia serena il sovrano. Gaetano Bresci, d’improvviso, come una furia spartiacque si avventa sulla carrozza e spara 3/4 colpi di pistola colpendo il re che proprio quel giorno aveva deciso di non indossare la cotta, maglia di sicurezza, morendo poco dopo nella sua stanza da letto.
Quel gesto efferato fa eco oltre l’Italia e da ogni parte del mondo arrivano attestati di condoglianze alla casa Savoia. Fu così che sul luogo del regicidio il nuovo re Vittorio Emanuele III e la città di Monza decidono di far innalzare un “simbolo di pietra”, la cappella espiatoria.
L’architetto Giuseppe Sacconi progetta una alta stele (35 metri) in arenaria di Oggiono con 2 croci in alabastro provenienti dalle cave dell’Algeria, con due piccole cappelle nel suo grembo. Quella inferiore che marchia il vero luogo dell’attentato con un disco marmoreo scuro come la morte, circondato da una volta color rosso sangue, come quello versato dal re. Tutto intorno stelle, mosaici e gemme dorate ricordano il Paradiso e la magnificenza e opulenza dell’arte bizantina del mausoleo ravennate di Galla Placidia.
Sotto i nostri piedi scorrono tappeti di marmi policromi che accolgono il visitatore in un mondo a metà strada tra luci ed ombra. Sulle pareti corone di bronzo che condannano il regicidio e testimoniano con la loro imponente presenza la solidarietà di corti europee e donne lombarde, ragionieri di casa Savoia alla città di Prato (dove nacque Bresci).
Piccoli raggi di luce arrivano fiochi da finestre anche esse in alabastro. Fuori dalla piccola ed intima cappella pochi gradini portano alla cancellata in ferro che cinge e protegge l’altro sacello, quello superiore, che diviene ora celebrazione non solo della dinastia reale ma anche del committente Vittorio Emanuele III, che a Monza non metterà più piede.
L’interno è un piccolo altare rivestito nella cupola da ricchi mosaici dorati e dai pennacchi fanno capolino angeli reggenti simboli della passione di Cristo mentre nelle nicchie laterali ci osservano Santi e Beati della stirpe dei Savoia.
Gesù con le braccia aperte accoglie fedeli e turisti mentre in un angolo alla sua sinistra sale il fumo dell’incenso serpentino tra pietre musive smaltate di blu e grigio chiaro… Tutto intorno marmi pregiati delle cave di Carrara tagliati come zucchero fino. Margherite di pietra poi ovunque per ricordare non solo lo stile liberty ma anche la madre del nuovo re d’Italia, Margherita di Savoia, regina di eleganza.
Indro Montanelli la definì una “vera e seria professionista del trono”, nonché committente della prima pizza napoletana… a lei dedicata…
Stefania Castiglione
(con la collaborazione di un monzese doc)
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