Ayurveda è un approccio esperienziale verso l’alimentazione. Per essa è quasi più importante il nostro coinvolgimento nell’atto di mangiare che tutto il resto.
La presenza, la consapevolezza ed il buon senso sono i fattori che migliorano il rapporto che si ha con il cibo. Questa Scienza Antica non nomina delle regole, ma ci dà dei suggerimenti tramite dei principi di alimentazione.
Al centro del nostro rapporto con gli alimenti ci sono i cinque sensi: le forme, i sapori, i colori, la consistenza…. ci fanno capire le caratteristiche di una alimento.
Mi riferisco ovviamente a tutto ciò che è nel suo stato naturale così come inteso da Madre Natura. Secondo l’ Ayurveda ognuno di noi è unico. Unico grazie ad una costituzione fisica ed anche psichica, entrambe personali.
Non esistono due individui che siano uguali. Questo vale anche per i gemelli identici. La loro grande somiglianza è solo apparente. Essendo unici, allora anche il rapporto con il mondo, con la vita, con il cibo è a sua volta personale.
Esistono tre principi vitali che sono responsabili per Movimento (Vata), Trasformazione (Pitta) e Stabilità e Forza (Kapha): tutti gli esseri viventi hanno questi principi che mantengono/sostengono la fisiologia del corpo e della mente. Ciò che rende un individuo unico è il fatto che i livelli di questi principi cambino da persona a persona.
Essendo diversi, vanno a conferire una morfologia in ogni caso, diversa. Il tipo di morfologia determinerà quindi il tipo di alimentazione che l’individuo dovrebbe rispettare per mantenere i livelli dei principi vitali in uno stato di equilibrio.
I livelli in Ayurveda vanno mantenuti perché ogni organismo ha delle soglie che determinano un rapporto sano con l’esterno (principi vitali in equilibrio rispettando i propri livelli) oppure uno malsano con l’esterno (principi vitali fuori equilibrio non rispettando i propri livelli). Nel primo caso l’organismo opera da uno stato fisiologico e nel secondo caso da uno stato potenzialmente patologico. Dal momento che una persona si alimenta in modo malsano, questi livelli dei principi vitali (Dosha) vengono disturbati.
Poiché il nostro organismo cerca sempre di mantenere l’equilibrio dei Dosha implicando quindi la perenne ricerca del mantenimento della salute dell’individuo, ed visto che i cibi che noi mangiamo alimentano proprio questi Dosha (in primis) per poi andare a conferire nutrimento ai tessuti del corpo, l’alimentazione di un individuo è di fondamentale importanza.
I principi vitali hanno delle caratteristiche che esistono non solo nel nostro organismo, ma anche negli alimenti. È proprio in questo modo che vanno a stimolarli. Tutti e tre hanno un ruolo nella digestione. Molto brevemente potremmo vedere che il primo principio Vata è responsabile per il movimento, quindi muove il cibo per tutto il tratto gastro intestinale. Il secondo principio vitale Pitta è responsabile per la trasformazione del cibo, quindi implica tutti gli elementi nel sistema digerente che hanno un ruolo nello scomporre il cibo da uno stato eterologo ad uno stato omologo all’interno del corpo.
Due sono i fattori più importanti per quanto riguardo la facilitazione della digestione. Il primo è la qualità e la quantità del cibo. Il secondo ha a che fare con i tempi di digestione.
In ambito della digestione (metabolismo) in Ayurveda abbiamo il concetto di Agni (fuoco) ovvero il fuoco digestivo.
L’ Ayurveda paragona, usando sempre degli esempi della natura stessa, ciò che avviene nello stomaco a ciò che accade in cucina: in cucina il cibo viene in contatto con il fuoco che lo ammorbidisce e lo rende digeribile. Il principio di ciò che avviene nello stomaco è lo stesso. Ciò che cambia è il contenitore: qui trattasi dello stomaco (che letteralmente in Ayurveda viene chiamato “contenitore di cibo non cotto”).
Il fuoco che cuoce quindi sono i succhi gastrici, la bile, ecc e quel minimo spazio nello stomaco rappresenta l’ossigeno per far sì che il “fuoco” bruci bene. Per questo esiste il detto popolare che “è sano alzarsi da tavola con un pò di fame”.
Il terzo principio vitale è Kapha, che riguarda la parte liquida del sistema digerente, implicando quindi i succhi gastrici e la giusta quantità di umidità nell’intestino per un sano assorbimento dei nutrienti e per la formazione degli scarti. Conferisce anche stabilità e forza nel mantenere un funzionamento sano.
Tornando ai due fattori più importanti per una sana digestione, parliamo della qualità del cibo. Cosa si intende per qualità? Cercare di conferire il giusto rispetto verso gli alimenti partendo dall’agricoltura e la crescita del cibo fino alla sua processazione e vendita. Più un alimento si allontana dalla sua propria natura, minore è la sua qualità. Se rispettiamo gli alimenti così come la natura ce li propone, non disturbiamo i principi vitali esistenti in loro.
In questo modo rendiamo più facile il rapporto tra i principi vitali negli alimenti e quelli del nostro organismo. Più complessa è la processazione, più è artificiale un alimento, più è difficile da integrare nel nostro organismo. Questo vale già per gli alimenti nel loro stato naturale. Più complesso è, più lenta sarà la sua digestione.
La carne per esempio è un alimento complesso perché derivata da degli esseri viventi decisamente più complessi che la frutta e la verdura. Questo la rende più difficile da digerire ed assimilare… per non prendere in considerazione che sono degli esseri viventi che hanno emozioni…emozioni che vengono trasmessi a noi quando li mangiamo.
Arriviamo alla quantità del cibo. C’è un verso in un testo antico Ayurvedico che dice
“Lo stato di Agni determina la quantità di cibo da ingerire”
Per “lo stato di Agni” qui si riferisce alla capacità digestiva. Una delle ragioni principali dell’indebolimento della capacità digestiva è il non rispetto dei tempi adeguati di digestione. Sin da millenni l’uomo si alimenta con dei pasti distanziati con un minimo di tempo tra di loro. Questo perché aveva la consapevolezza che l’organismo richiede dei tempi per “cuocere” o digerire ciò che viene introdotto nel “contenitore” (lo stomaco). Oggi purtroppo viviamo dei tempi in cui il cibo ci viene proposto, in un modo o nell’altro, tutto il giorno.
Agni (il fuoco digestivo) non ha tregua. Essendo a capo del ciclo metabolico, una volta che si indebolisce, tutto il metabolismo ne risente. Spesso e volentieri quindi gli individui si trovano in una situazione in cui il metabolismo è rallentato fino ad un tale punto da non poter digerire anche una minima quantità di cibo. Ma continua ad alimentarsi perché deve pur prendere energia da qualche parte. Purtroppo solo una parte del cibo viene digerito, il resto rimane nel corpo appesantendo ulteriormente il metabolismo e quindi si è innescato la situazione del cane che si morde la coda.
Vediamo quindi che la giusta quantità di cibo è determinante per mantenere le capacità digestive alte (sane). Questo principio dell’alimentazione è legato all’abitudine di alzarsi da tavola con ancora un pò di fame.
Ci porta all’ultimo principio che si riferisce ai tempi digestivi. Più è forte Agni (fuoco digestivo) più il nostro organismo riuscirà a rimanere nei limiti dei tempi digestivi che sono di circa quattro ore tra i pasti. Dico circa perché non si può generalizzare, essendo ognuno unico.
A questo punto potrebbe sorgere la domanda “Come faccio ad alimentarmi basandomi sulla mia costituzione se non la conosco?”. Secondo l’Ayurveda la via più facile in assenza di questo è di rispettare la qualità, la quantità, i tempi adeguati di digestione e la stagionalità. I nostri organismi sono sotto l’effetto delle stagioni, che sono anche loro un’espressione degli stessi principi vitali in natura. Rispettando questo, la natura ci dona esattamente quello che ci serve, quando ci serve… nella stagione giusta.
Dr. Victory Craxi
B.A.M.S (Bachelor of Indian Medicine & Surgery)