MONZA – Luce soffusa, pareti bianche, un grande divano, e poi tanti giocattoli. In fondo il tavolo, l’angolo cottura e poi in un angolo il bagno. Una casa a tutti gli effetti, ma all’interno del carcere, per garantire un minimo di privacy e di calore quando i bambini incontreranno il papà che sta scontando il proprio debito con la giustizia.
Un progetto importante ed innovativo quello inaugurato settimana scorsa alla casa circondariale di Sanquirico dove il Soroptimist International di Monza – guidato dalla presidente Tiziana Fedeli – ha ideato, progettato e finanziato questo angolo di famiglia dentro un carcere.
Uno spazio trasformato in una casa vera e propria, anche se alle finestre ci sono le sbarre e da quella casa il papà non può – per adesso – uscire. Uno spazio dove anche i detenuti ci hanno messo il cuore e le braccia, partecipando attivamente allo svolgimento dei lavori.
Grande emozione in occasione del taglio del nastro: tante le autorità civili e militari che hanno partecipato alla cerimonia. Emozionata e commossa anche la direttrice del carcere – Maria Pitaniello – che in questo progetto crede fermamente.
“Un progetto ancora a livello sperimentale che vedrà il coinvolgimento di alcuni detenuti – ha spiegato, mostrandoci orgogliosa quel monolocale che spesso ricrea una casa che neppure nella realtà gli ospiti del carcere possiedono – Volutamente non è stata messa la televisione. In questo spazio si potrà cucinare, mangiare insieme seduti a un vero tavolo, giocare seduti sul divano”.
Tutto vero, anche se solo per poche ore. Ma varcata la soglia del cancello del carcere il bambino avrò modo di condividere in tranquillità, in un ambiente protetto e familiare, l’incontro con il papà.
La direttrice crede in questa filosofia che pone al centro la persona che ha commesso un errore e la sua famiglia. Ha già le idee chiare per ampliare questo angolo anche se – scaramanticamente – preferisce non rivelarci il suo sogno.
Realizzato lo spazio famiglia ci sono altre iniziative in cantiere, con l’obiettivo di permettere ai ragazzi e agli uomini che stanno vivendo l’esperienza del carcere di apprendere una professione, così da potersi poi reinserire nella società.
B. Api