Quest’anno, come sappiamo per motivi di sicurezza e prevenzione del tanto citato ultimamente Coronavirus, la celebrazione del Carnevale non è stata “normale”. I festeggiamenti del Carnevale, infatti, non hanno avuto nulla di classico, per evitare assemblamenti di numerose persone: niente sfilate in maschera, niente carri esuberanti e carismatici, tipici dell’atmosfera carnevalesca, che percorrono le vie del centro, nessuna gara di “miglior mascheramento dell’anno” e, ovviamente, nessun marciapiede colmo dei residui dei festeggiamenti.
Coriandoli e stelle filanti lasciano le loro tracce per giorni in seguito alla celebrazione carnevalesca, ma quest’anno nessuna impronta del passaggio di bambini festosi e divertiti con le guance ricoperte di quello zucchero a velo che cosparge le chiacchiere, classici e immancabili dolci di Carnevale.
Senza dubbio il Carnevale 2020 nel mondo, ma soprattutto in Italia, nella nostra Lombardia e in Brianza non sarà ricordato per il miglior carro carnevalesco o per la maschera più originale, quanto piuttosto per il “mascheramento mancato”.
Ma procediamo con ordine. Ad ogni Carnevale il nostro stivale geografico si divide in due riti di celebrazione differenti. Quello romano prevede la conclusione del Carnevale il Martedì grasso, che precede e dà inizio alla Quaresima con il Mercoledì delle ceneri.
A differenza di quest’ultimo, invece, il rito ambrosiano, celebrato per lo più nelle zone dell’arcidiocesi di Milano, conclude la celebrazione carnevalesca il sabato successivo al Martedì grasso e, di conseguenza, fa coincidere l’inizio della Quaresima con la domenica seguente. Secondo le testimonianze storiche, il nome di quest’ultimo rito “carnevalesco” deriverebbe da un pellegrinaggio dello stesso vescovo Ambrogio il quale, però, promise alla comunità di fare ritorno a Milano in tempo per l’inizio della Quaresima.
Carnem levare, è questo l’originale termine latino che ha dato vita alla parola Carnevale, “eliminare la carne”, in riferimento per l’appunto al ricco e festoso banchetto di Carnevale che introduceva immediatamente il periodo di digiuno e astinenza della Quaresima. Ma si riscontra una derivazione anche in carrus navalis, letteralmente “nave su ruote”, non a caso un chiaro ed esplicito riferimento al carro carnevalesco.
Ma l’accezione più affascinante che si dà al termine carnem levare, non è quella liturgica, bensì di carattere popolare. Ebbene sì, perchè la locuzione “levare la carne” può riferirsi, in questo particolare contesto, al gesto materiale, fisico e concreto di togliersi la maschera e di indossarne una nuova, diversa dalla solita.
Ma di quale maschera stiamo parlando? Della nostra, naturalmente, della nostra pelle. Del ruolo che indossiamo ogni giorno della nostra vita, in ambito sociale, famigliare e lavorativo. Un ruolo che, soltanto a Carnevale possiamo abbandonare e cambiare, per essere qualcuno che non siamo, per essere tutto ciò che vogliamo almeno una volta l’anno.
Tale tematica, che oggi affrontiamo con celebrazioni festose e scherzose, ha in realtà un passato e una nascita antichissima che porta con sé dei valori importantissimi e di grande efficacia per la buona riuscita del mantenimento dell’equilibrio sociale, come erano soliti affermare gli antichi. Somiglianze notevoli con l’attuale Carnevale, le ritroviamo infatti in festività molto antiche quali le “dionisiache” greche e i “saturnali” romani. Feste irrinunciabili all’interno delle società classiche, in cui a ogni individuo era concesso cambiare pelle, abbandonare il proprio ruolo lavorativo, sociale e pubblico per indossare una maschera ed essere chiunque.
Ed ecco che allora il Carnevale diventa l’occasione non solo per cambiare momentaneamente, ma anche per stravolgere e ribaltare completamente il normale ordinamento della società: la schiavitù può sentirsi e diventare membro influente della nobiltà e viceversa. Era, quindi, anche l’occasione per schernire i più potenti e per rifarsi dei soprusi e delle prepotenze che si era costretti a sopportare per tutto il resto dell’anno.
Ma è proprio qui che arriva il bello. Il punto cardine che regge tutto il sistema dei festeggiamenti carnevaleschi. Il Carnevale, infatti, ha fin dalle origini svolto il ruolo di momento principale all’interno del ciclo di un anno, che avrebbe sancito, con la sua conclusione, l’inizio di un altro efficiente e ben consolidato sistema sociale. Un sistema in cui tornano a vigere e ad essere rigorosamente rispettate le regole, le gerarchie e le abitudini che durate il Carnevale erano state stravolte.
In poche parole, secondo gli antichi, era proprio questa alterazione di ruoli, di regole e di obbedienze concesso a Carnevale, che permetteva un più che corretto funzionamento della società per tutto il resto dell’anno. Uno sfogo, un periodo di libertà e di stravaganza, di liberazione dai ruoli prestabiliti, per poter ritornare poi in carreggiata, più ligi che mai.
E se fosse stato così anche per noi quest’anno, in questo Carnevale più che mai? Se ci fosse stato un ritorno a quel Carnevale delle origini in cui l’ordine del cosmo sembra stravolgersi per pochi giorni? Qualunque sia la risposta, ci auguriamo soltanto che questo stravolgimento, che in quest’ultimo inusuale Carnevale ha “costretto” a privarci delle nostre abituali “maschere”, ci riporti alla normalità.
Speriamo, dunque, che questo Carnevale, durante il quale abbiamo dovuto indossare maschere (in alcuni casi nel senso vero e proprio del termine), nel quale siamo stati costretti a mettere in pausa la nostra vita lavorativa, scolastica, insomma la vita di tutti i giorni, ci riconduca adesso alla normalità e a quella quotidianità che mai come ora ci manca tanto.
Francesca Motta