Il titolo del testo di legge n° 48 del 18 aprile 2017 recita, testuali parole, quali siano le “disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”.
Bene, anzi benissimo. Finalmente il governo e il parlamento si sono resi conto che, nella società odierna, la “sicurezza delle città” è lungi dall’essere garantita in maniera completa e puntuale. Di conseguenza, i nostri amministratori hanno così deciso di provare a porre rimedio a questa incresciosa situazione. Infatti, questa legge, meglio nota come “Decreto Minniti”, ha introdotto una importante novità nel panorama giuridico e amministrativo italiano: il cosiddetto “Daspo urbano”.
Per “Daspo” si intende un provvedimento restrittivo, limitato nel tempo, della libertà personale di un individuo. In particolare, la tipologia di provvedimento invocata dal Daspo è di tipo interdittivo, ovvero di divieto di accesso per qualcuno in un determinato luogo.
Il concetto di Daspo nacque molti anni fa e venne utilizzato soprattutto all’interno degli stadi di tutta Italia, in un’ottica di prevenzione di scontri tra le opposte tifoserie. Per fronteggiare ai continui episodi di violenza all’interno degli stadi, si pensò di allontanare temporaneamente i soggetti più violenti o che già si fossero resi responsabili di atti di violenza durante le manifestazioni sportive. Ogni Questore, ancora oggi, ricorre al Daspo per prevenire l’insorgere di fatti o reati connessi alla violenza negli stadi. Ma nel caso specifico del Daspo Urbano, proprio quest’ultimo aggettivo definisce molto precisamente il particolare campo di applicazione del provvedimento di allontanamento previsto dal Decreto Minniti: l’urbe, ovvero il territorio comunale. Quindi, il Daspo urbano altro non è che un provvedimento di allontanamento, per un massimo di 48 ore, di un soggetto che si è reso responsabile di taluni episodi contrari al decoro urbano o lesivi della sicurezza urbana.
Chi lo dispone? Il Sindaco, sulla base di una modifica integrativa, preventivamente approvata in Consiglio comunale, del Regolamento di Polizia urbana vigente all’interno del territorio del proprio Comune. Per quali violazioni è previsto? Essenzialmente per tutte quelle concernenti il decoro urbano (ubriachezza molesta, danneggiamenti all’arredo urbano, accattonaggio molesto, ecc…) ma anche per chiunque impedisca la libera fruibilità delle infrastrutture pubbliche (parcheggiatori abusivi, venditori abusivi, ecc…).
Chi lo esegue? La polizia amministrativa (in primis la Polizia locale). Come lo esegue? Verbalizzando l’avvenuta violazione al regolamento, comminando una sanzione pecuniaria e, contestualmente, redigendo un verbale di allontanamento dell’individuo dal luogo della violazione per un massimo di 48 ore.
Cosa succede se il trasgressore non ottempera all’allontanamento? La polizia amministrativa dovrà redigere un secondo verbale in cui constata l’inottemperanza alle disposizioni, comminerà una pena pecuniaria aumentata del doppio dell’importo precedente e procederà a segnalazione del fatto alla Questura competente per zona.
Il Questore, nel caso ritenesse che ricorrano i presupposti giuridici e normativi, constatata la recidiva volontà del trasgressore di non rispettare le norme e i regolamenti, potrà emettere un conseguente “foglio di via” che obblighi il trasgressore all’allontanamento dal Comune in cui è stata emessa la violazione per un periodo compreso tra 6 e 12 mesi. L’inottemperanza ad un tale atto prevederebbe ex lege l’arresto obbligatorio in flagranza di reato da parte della polizia giudiziaria.
Bene. Anzi no, male. Perché? Perché il quadro normativo del Daspo urbano sopra descritto, più che ad una efficace arma preventiva, somiglia più ad un formaggio svizzero groviera. In primo luogo, si è già fortunati se il trasgressore ottemperi all’allontanamento alla prima verbalizzazione, poiché tale atto è giuridicamente disposto, non imposto. Di conseguenza, in caso di mancato ottemperamento alle disposizioni, la polizia amministrativa operante non può effettuare un accompagnamento coatto, cioè usando la forza. Viceversa, sarà costretta a sorprendere il malfattore nel pieno di altre analoghe condotte illegittime, verbalizzarle e richiedere successivamente l’emissione di un secondo provvedimento direttamente alla Questura, sulla base della reiterazione della condotta. Inutile sottolineare la gravosità, sia in termini temporali che in termini di impiego di risorse, di tale procedimento; come è altrettanto superfluo osservare che in molti casi i trasgressori siano soggetti indigenti o poco inclini al pagamento delle sanzioni amministrative comminate, a prescindere dall’importo stabilito.
Ma il nodo focale di tutta questa vicenda è, se possibile, ancor più incredibile: l’aspetto politico. Una volta constatata sul campo l’inefficacia di tali provvedimenti, che molto spesso vengono disattesi dai trasgressori, in base alle proprie inclinazioni politiche, l’Amministrazione comunale potrà comunque servirsi dell’adozione di tale impianto normativo adottandolo nel proprio territorio, al fine di perseguire un fine marcatamente pragmatico.
Per la serie, l’impianto normativo non funziona, ma non è colpa di chi lo adotta che, anzi, fa il possibile per garantire la sicurezza dei propri cittadini. Verissimo. Ma, allora, non sarebbe meglio scrivere a monte delle leggi che funzionino?
Il medesimo discorso vale per la figura del Questore, incarico che tutti noi diamo per scontato essere scevro da inclinazioni politiche e super partes. L’emissione dei provvedimenti di allontanamento conseguenti al mancato rispetto del Daspo Urbano, tuttavia, sono di Sua personale competenza e responsabilità. Di conseguenza, il Questore potrebbe anche decidere di emettere, o non emettere, tali provvedimenti in base alla propria sensibilità di giudizio. In ultima analisi, come trascurare il ruolo fondamentale del Prefetto in tutta questa vicenda. In alcuni casi, la Prefettura ha addirittura annullato le ordinanze contingibili e urgenti emesse dai sindaci nel proprio territorio, appellandosi alla “legittima e necessaria collaborazione” tra le istituzioni nel concorso al mantenimento dell’ordine e la sicurezza pubblica. Insomma, tutti per uno, ma non uno per tutti.
In conclusione, potremmo richiamare il famoso titolo di un bellissimo film che, per l’occasione, calza proprio a pennello per il Daspo urbano: “Molto rumore per nulla”. Per tutti noi, invece, l’ennesima occasione perduta.
Andrea Foffano
Docente di sicurezza e intelligence presso l’ASCE (Scuola di Competizione Economica Internazionale di Venezia), docente ANVU-ISOPOL, formatore accreditato presso l’Eupolis-Lombardia