MONZA – La tensione è alta, altissima: domani, giovedì 7 settembre alle 11, la banca e il curatore fallimentare decreteranno il suo futuro e quello della sua famiglia. Con l’alto rischio di essere sfrattato dalla sua villa dove vive con la moglie, i tre figli e la nipotina per la sola colpa di aver ipotecato la casa per salvare la sua azienda e i suoi trenta operai. Lui che non ha pagato i creditori perché attendeva dallo Stato 4 milioni di euro che non ha ancora ricevuto adesso rischia di finire in mezzo alla strada perché non aveva i soldi per pagare i creditori.
Sergio Bramini, imprenditore monzese che non si è mai inginocchiato al pizzo nei Comuni della Sicilia e della Campania, dove ha lavorato a lungo nel settore dello smaltimento dei rifiuti, oggi si ritrova in ginocchio “ucciso da uno Stato che non usa la pistola”, come aveva dichiarato durante l’intervista al nostro giornale.
Il 10 agosto Bramini riceve la prima doccia fredda: parte l’ordinanza di messa all’asta della sua casa, una grande villa nel cuore di Sant’Albino realizzata con materiali di pregio con piscina e una grande fontana valutata dal perito del Tribunale di Monza oltre un milione e mezzo di euro e messa all’asta con una base di poco meno di 700 mila euro.
Il legale di Bramini ha fatto subito opposizione appellandosi all’articolo 1 del Dlgs 2284 dove alla lettera D punto 9 si afferma che “anticipare il termine ultimo per l’emanazione dell’ordine di liberazione degli immobili pignorati all’atto della nomina del custode, con esclusione dei soli casi in cui l’immobile pignorato sia la prima casa di abitazione del debitore” proprio come nel caso di Bramini.
“Mi aspettavo una corretta applicazione della legge – continua l’imprenditore – invece il giudice ha fissato una nuova udienza al 7 settembre quando chiederà il parere della banca creditrice e del curatore sullo sgombero immediato mio e dei miei cari”.
Intanto nei giorni scorsi la seconda doccia fredda. “Il curatore si è opposto al nostro atto – prosegue – e ha chiesto al giudice lo sgombero immediato, la banca creditrice non ha fatto opposizione. Domani saprò la decisione del giudice”.
La paura è tanta, ma Sergio Bramini non è uno che si arrende: di mezzo ci sono non solo una grande villa frutto di anni di lavoro ma anche il futuro dei suoi familiari.
“Voglio giustizia”: scriveva a chiare lettere su quel cartello che aveva indossato silenziosamente nei mesi scorsi davanti al Tribunale di Monza e di Milano richiamando l’attenzione dei giornalisti che hanno subito riportato la sua storia agli onori della cronaca.
Non sarà una notte facile quella che dovrà affrontare l’imprenditore. “Ormai dormo solo due ore per notte – ci aveva confidato – Il mio grande errore è stato quello di non ascoltare chi mi diceva quando non ricevevo i pagamenti dalla Pubblica amministrazione di chiudere l’impresa. Io mi sono opposto perché dai Comuni avevo ricevuto la promessa di venire liquidato. Non potevo lasciare sulla strada trenta dipendenti ed altrettante famiglie. A quel punto ho rischiato: ho ipotecato il mio ufficio di Bresso e la mia casa di Monza. I Comuni sono stati commissariati e non mi hanno pagato, avanzo dallo Stato 4 milioni di euro, non ho soldi per pagare i creditori e quindi sono fallito e rischio di essere sfrattato dalla mia casa”.
E domani sulla strada rischia di finire Sergio Bramini che dalla strada aveva preservato i suoi lavoratori.
Barbara Apicella