Fabio Casartelli: l’immagine più bella è lui, sorridente, che guarda la bandiera con la medaglia d’oro olimpica di Barcellona al collo.
Un bel viso da ragazzo pulito che ricorda l’Andrea di De Andrè, riccioli neri falciati dalla mitraglia sui monti di Trento.
Fabio Casartelli da Albese Con Cassano, punto della cintura in cui i laghi prealpini diventano Brianza, un fisico smilzo e un sorriso paradigma della Lombardia ciclistica che nel week-end decide di non inseguire i sogni dietro ad un pallone ma di fare molta più fatica spingendo i pedali di una bicicletta.
Casartelli, un giovane campione che stravinse le olimpiadi a Barcellona e subito dopo passò al sogno del professionismo. Due anni all’Ariostea, anonimi di fronte alle promesse ma in questo sembrò del tutto uguale a molti della sua generazione, poche luci, altre speranze enormi che da professionisti non seppero concludere nulla con tante spiegazioni possibili, alcune tecniche ma altre più “di sostanza”.
Comunque, dopo soli due anni di carriera Fabio avrebbe ancora potuto tutto, anche stupire. La nuova squadra sembrava quella giusta, gli americani, la Motorola, Armstrong.
Era l’inizio di una storia che fu leggenda, poi solo vergogna, ma Fabio Casartelli non visse nulla di questo.
E’ che poi venne l’Aspin e la sua discesa non fu soltanto un posto, non fu soltanto sport, ma un angolo della vita.
L’Aspin, oggi è poco più di un’etichetta, quasi sempre un passaggio delle tappe fondamentali, mai protagonista, come certi campioni che con il passare degli anni diventano una presenza nel gruppo, nulla più.
L’Aspin oggi è Fabio Casartelli, il ricordo di quel ragazzo sorridente, che veniva dalla Brianza che diventa lago. Un monumento del ciclismo, un momento della vita.
Il ciclismo, materia dura, a volte.