Se le avvicini all’orecchio puoi sentire il suono del mare.
Forse è solo una diceria. Una delle tante voci non vere messe in circolazione per fare apparire queste “creature” ancora più affascinanti.
O forse è proprio perché dal mare arrivano, nel mare hanno viaggiato, sulla riva dell’acqua hanno vissuto, e dalle onde del mare sono state depositate sulla sabbia.
Le conchiglie.
Sul fondo di quale valigia, di rientro dalle vacanze trascorse al suono delle onde marine, non compaiono cimeli con le conchiglie oppure le stesse raccolte da noi dal bagnasciuga?!
Le conchiglie. Quelle compagne immancabili e irresistibili di qualsiasi gita al mare che si rispetti.

La scoperta più strabiliante di un bambino dopo aver immerso il piedino nell’acqua salata e aver corso spensierato e saltellante sulla sabbia rovente, sono loro. Le conchiglie. Sono loro l’incentivo che permette a mamma e papà di farsi seguire dai più piccoli in una camminata lungo la riva del mare. Là, dove la sabbia è umida, ritmicamente bagnata dalle onde che su di essa si spengono, le conchiglie affiorano dai granelli dorati. Come fiori tra gli steli d’erba. Come stelle nel cielo.
I bambini le amano. Aspettano che la coda di quell’onda, soltanto pochi secondi prima imponente nel bel mezzo dello specchio marino, si ritiri per poter cercare, nella sabbia bagnata, le conchiglie più belle. Quelle con la forma più originale, quelle dai colori più sgargianti. E farne il proprio tesoro.
Un tesoro dal quale, forse, molto probabilmente, non si sentirà il rumore delle onde infrangersi sulla riva, né il rilassante sciabordio dell’acqua del mare che si muove…ancora e ancora…si sposta, viaggia tra le correnti, e a volte ritorna. Un tesoro che, però, si imprimerà per sempre nella nostra memoria, lasciando nel cuore il ricordo indelebile di quel bambino spensierato e felice che correva sulla sabbia alla ricerca delle conchiglie più belle.
Un lascito. Una traccia. Un segno. Un passaggio…che non se ne va, ma che resta. Questo, sono le conchiglie.

Sono il simbolo della vita che si protegge e si preserva, che lotta e fa di tutto per difendere il proprio respiro, la propria esistenza. Le conchiglie sono la prova inattaccabile della tenacia di ogni singolo essere vivente alla vita stessa.
Sono le custodi di quelle forme di vita che da sole, però, non riuscirebbero a preservarsi. Sono le corazze di madreperla, eleganti e brillanti, che luccicano alla luce del sole e che la riflettono dal fondo del mare, che proteggono quei piccoli esserini dal corpo molle, privo di scheletro.
Le conchiglie che da bambini raccogliamo con stupore ma senza sapere, si rivelano essere, al raggiungimento di quella consapevolezza adulta, ancor più incredibili. Un guscio che accoglie e protegge, come il ventre materno. Come una calda coperta che ci accompagna verso sogni sereni.
Le conchiglie sono le guerriere dei più deboli. Uno stendardo dell’irriducibile lotta per la preservazione della terra e dei suoi abitanti. Sono le bellissime custodi di quegli esserini piccoli, che passerebbero probabilmente inosservati senza le loro conchiglie.

E poi, quando l’evoluzione permette loro di diventare più forti e resistenti, quando riescono a proteggersi anche da soli, i piccoli molluschi abbandonano la loro conchiglia. Come un animale che esce dalla sua tana e che sa di non farvi più ritorno. Ecco, è a questo punto che avviene la magia.
Quella che è stata la protezione vitale di esseri viventi, la casa sicura e accogliente nel quale sentirsi salvi, si svuota. Come la copertina di un libro privata delle sue pagine scritte, lette e rilette.
Le conchiglie si svuotano, ma non svaniscono. Restano bellissime e brillanti a impreziosire la distesa dorata dei granelli di sabbia, bagnate dai raggi del sole e dalla spuma del mare.

Restano. Rimangono. Resistono. Le conchiglie. Prima custodi, poi monili. La forma frastagliata, o avvolta su se stessa a spirale della madreperla, è la prova che sulla terra nulla se ne va senza lasciare una traccia di sé.
E così, le conchiglie, gusci dall’anima vuota ma mai abbandonata, vengono condotte dal mare a noi. Cullate dalle onde, accolte dalla sabbia e custodite da noi, esseri umani in cammino sul bagnasciuga.
E allora, se le avviciniamo all’orecchio…possiamo davvero sentire il mare. O forse, è il canto di quell’anima perduta ma mai dimenticata che sussurra alla sua conchiglia.
Francesca Motta