Le streghe, donne al servizio del demonio, che agiscono tramite e per lui. Donne che praticano la magia nera, l’antica e oscura arte della negromanzia.
Sacrifici di sangue, vittime umane. Le streghe. Donne riunite in sette a praticare magia, di nascosto. Streghe. Donne condannate a bruciare sul rogo. La caccia alle streghe.
E’ questa l’immagine della strega che da secoli e secoli di pagine di storia, di tramandazione di credenze e di leggende, è giunta fino a noi.
Un’immagine senza dubbio ricca di mistero e di intrighi affascinanti quella della strega vestita di nero, che vive ai margini della comunità e che si diletta a creare intrugli, pozioni magiche e incantesimi. La strega adepta del Diavolo e padrona della magia nera è senza dubbio il personaggio perfetto per le storie raccontate intorno al fuoco, nel bosco, in una tempestosa notte di paura. Ma quante storie possono ritenersi vere? Chi erano veramente le streghe?
La tradizione vuole che queste donne, in cambio della loro venerazione per il Diavolo, ricevessero da quest’ultimo l’insegnamento della magia nera. Ma, quello che le storie non raccontano è che le donne, fin dalla preistoria, hanno sempre avuto una certa dimestichezza con le erbe. Mentre l’uomo andava a caccia, infatti, spettava proprio alla donna cogliere le erbe e imparare a utilizzarle nella vita di tutti i giorni. Pertanto, queste presunte streghe altro non sono che comuni donne, abili conoscitrici e utilizzatrici delle erbe, nella cucina così come nella cura del corpo. E non è, dunque, il demonio ad aver instillato nella loro mente la magia nera, ma sono conoscenze che la donna, alcune più di altre secondo le proprie inclinazioni, ha maturato nel tempo, fino ad assumerne la piena padronanza. Una spiegazione sicuramente meno ad effetto di quella della strega veneratrice e veicolo del Male, ma più concreta e oggettiva.
Per non parlare, tra l’altro, dell’usanza diffusissima di creare un capro espiatorio, un soggetto ideale da rendere la causa di ogni disgrazia. Ed ecco, allora, che una donna solitaria, forse taciturna e introversa, abile nella lavorazione delle erbe, diventa la strega da bruciare sul rogo, il capro espiatorio perfetto il cui sacrificio è fondamentale per allontanare pestilenze o carestie dal resto della popolazione.
E in Brianza? Nel nostro territorio, quale ruolo hanno avuto le streghe?
Nella cultura brianzola esistevano la “stria”, la strega che conosce e predice il destino, in tutte le sue oscure sfumature; e la “stroliga”, la zingara che legge il futuro e che, secondo le credenze popolari, rapisce i bambini.
In Brianza, la documentazione a noi giunta ci parla di un solo rogo avvenuto a Monticello e a danno di un uomo, uno stregone, dunque, non una strega.
Bisogna riconoscere, però, che all’epoca dell’Illuminismo, nel periodo storico di esaltazione della mente umana e di tutte le sue qualità intellettive, l’uomo si è vergognato di aver dato credito a tali dicerie sulle streghe e proprio per questo, mosso da vergogna, ha bruciato tutti i verbali inerenti le “purificazioni”. Pertanto, dai modici documenti a noi in possesso, possiamo solo affermare che la caccia alle streghe potrebbe essere stata esigua tanto quanto terribile, che i roghi potrebbero essere stati uno solo, oppure cento, duecento… .
Nonostante la documentazione vera e propria, attendibile o meno, sulla presenza delle streghe si sono diffuse soprattutto molte storie, leggende tramandate e giunte fino a noi, oggi. Uno di questi racconti ha come sfondo le rive del Lambro, tipico quanto simbolico fiume brianzolo. Pare che un pescatore, una notte, abbia visto sua moglie in compagnia di altre tre donne salire sulla sua barca e, dopo aver pronunciato delle parole…forse delle formule magiche, sparire alla sua vista. Incuriosito, la sera seguente, decide di nascondersi sulla barca per seguirle e si ritrova sull’altra sponda del Lambro, nel giardino di un palazzo nel bel mezzo di un ritrovo di sole donne. Streghe. La condanna è presto formulata: streghe riunitesi per praticare il sabba. Il nome utilizzato per indicare i ritrovi delle streghe in presenza del demonio, accompagnati da pratiche magiche diaboliche e riti blasfemi.
Erano davvero streghe? O forse, più semplicemente, delle “normali” donne che si allontanavano dalla vita di tutti i giorni e dai mariti per svagarsi ad una festa di sole donne? In un’epoca in cui questi lussi erano concessi solo all’uomo, la donna che osava trasgredire era subito additata come strega.
La strega brianzola senza dubbio più conosciuta, e forse anche più temuta, è la Gibiana, il cui nome significa “donna del giovedì”. L’usanza che la riguarda, quella di accendere un grande falò per bruciare un fantoccio che simboleggi la strega, avviene proprio l’ultimo giovedì di gennaio, giorno, tra l’altro, in cui in Brianza si consumavano i sabba.
Intorno al falò in cui dovrebbe bruciare la Gibiana, i bambini corrono, saltano, ridono e scherzano, trasformando la condanna di una strega in una festa di paese. Nelle stanze di ogni casa ci si muove battendo rumorosamente stoviglie in metallo, per spaventare e allontanare eventuali presenze demoniache. E Infine, sull’uscio di casa viene lasciato un piatto di risotto con la “luganega”, la salsiccia, affinchè la Gibiana possa sfamarsi e non vendicarsi lanciando sulla casa uno sciame di moscerini a minare il raccolto dei campi. Questo fa probabilmente pensare che la Gibiana, in origine, fosse una qualche divinità pagana della fertilità, trasformata poi in una creatura demoniaca con l’avvento del Cristianesimo.
Le streghe, creature demoniache, carnefici…o vittime?
Francesca Motta