MONZA – Ancora una tappa alla scoperta della città insieme alla nostra guida Stefania Castiglione. Con lei ci attende un lungo viaggio fatto di luoghi, monumenti, aneddoti. Per scoprire ciò che siamo e quello che siamo stati.
Ercole Monzese
In epoca romana la nostra città si chiamava “Modicia” ma come facciamo a saperlo con certezza? Non è un testo che ce lo rivela ma una prova “ di pietra”, conservata ai Musei Civici. Si tratta di un frammento di altare in serizzo ritrovato nella zona del duomo nel XVIII sec e che cita in latino: “Herculi Modicia tes Ioveni” , tradotto, “ Ad Ercole, i giovani di Modicia”.
Perché proprio ad Ercole si rivolgono gli antichi abitanti monzesi? Era di certo tra le figure mitologiche romane più venerate, frutto di fusione tra l’Eracle greco, Hercle etrusco e il Dio Mitra persiano.
Divenne simbolo di coraggio e forza fisica, per questo i suoi seguaci erano in particolare giovani legionari e gladiatori impavidi, riuniti in associazioni militari e di preparazione atletica che dovevano superare riti di iniziazione molto severi, quindi possiamo pensare che anche qui a Monza ve ne fossero?
L’iconografia classica ci presenta il Dio alto, prestante e sempre nudo per evidenziare al massimo le sue forme perfette. Fasce muscolari sempre ben tese, corpo in torsione e in equilibrio quasi precario, sguardo fisso e fiero verso l’ennesimo nemico da sconfiggere ,con le mani spesso molto grandi poiché in esse si racchiude gran parte della sua forza.
In un solo caso ci appare non più giovanissimo ma dal corpo sempre impeccabile, nell’Ercole Farnese, dove la sua forza si è qui placata.
Stanco e malinconico dopo l’ennesima fatica, lascia appoggiare il suo corpo su una clava dove trionfa scuoiata la pelle di un leone. Il suo sguardo non più alto e fiero, sfida il terreno per trovare le energie giuste e, in un attimo, tutta la sua forza si esaurisce e si spegne come una fioca candela , nella sua natura umana.
Ercole fu il primo “ uomo” a strappare l’immortalità agli dei ma era pur sempre un uomo…
Stefania Castiglione
(con la collaborazione di un monzese doc)
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Al di là dell’aretta in sarizzo il nome di Monza lo si apprende con certezza da Paolo Diacono nella Historia Langobardorum, Paolo Cadorin