Lo scopo di ogni yoga è raggiungere la pace mentale, quella che in sanscrito viene chiamata yogaschittavrittinirodah.
Yoga = unione
Chitta = mente
Vritti =- fluttuazione
Nirodah = soppressione
Yogaschittavrittinirodah significa, dunque, sospensione delle modificazioni della mente.
Come una montagna che, pur essendo esposta alle intemperie ( pioggia, grandine ecc.), rimane ferma e in equilibrio, così noi rimaniamo imperturbabili di fronte ai venti e alle intemperie della vita, rimaniamo cioè in equilibrio davanti a vittorie e sconfitte.
Come raggiungere questa pace?
In Oriente, dove hanno osservato e studiato a fondo il funzionamento della mente, hanno notato che ci sono quattro attitudini fondamentali nell’uomo ed è importante conoscerle affinché ognuno possa seguire la propria inclinazione.
Qualsiasi strada si intraprenda nella sfera del percorso Yogico, ciò a cui aspira il Ricercatore è quello stato di annullamento delle fluttuazioni del pensiero, cioè l’acquietamento di un ego indisciplinato, disubbidiente, troppo incline ai veleni mentali quali possono essere la permalosità, la prepotenza, la gelosia, l’invidia, il pettegolezzo a buon mercato, l’ottusità e tutto quel caos mentale che crea tanta discordia in se stessi e in chi ci vive accanto.
Perché mai, ci potremmo chiedere, attivarsi per fare tutto questo gran lavoro di pulizia nel proprio spazio mentale?
Il motivo è molto semplice: “Quando io penso, divento ciò che penso, e non sono più me stesso, mi identifico con qualunque cosa io mi raffiguri e perdo la cognizione reale del mio essere e del mio esistere”.
Ogni avvenimento può suscitare in me tre reazioni: Attrazione, Repulsione e Indifferenza. A tutto ciò che incontro posso rispondere in tre modi: “Mi piace! – Non mi piace! – Mi è indifferente!”
Finché vivo nel gioco vizioso delle reazioni, senza poter scegliere liberamente come rispondere, poiché ogni mia risposta viene dettata da condizionamenti psicologici ricevuti dal mio vissuto, non posso conoscere la mia Vera Natura. E’ questo che ci vuole dire il filosofo indiano Patanjali con il suo aforisma, Yogaschittavrittinirodah, appunto.
Un pensiero sorge, poi lentamente (o velocemente, non importa) scompare e un altro pensiero prende il suo posto.
Tra un pensiero e l’altro, però, c’è un piccolissimo e impercettibile spazio vuoto, solo che non ce ne rendiamo conto. In quel vuoto ci sono Io, il vero Sé Originale dal quale ogni cosa proviene e si manifesta. Tutto il resto è un miscuglio di forme-pensiero, veleni mentali, rimurginii ed elucubrazioni. Se io potessi liberamente scegliere di sostare in quello spazio vuoto, potrei anche sedermi tranquillo e valutare quale mia reazione sarebbe di maggior beneficio.
Un piccolo esempio.
Mi offrono una sigaretta e dico: “Mi piace!”. Ma chi ha detto mi piace? Sono stato io o una forza abitudinaria che in questo momento mi sta possedendo? Sono stato io o tutta una serie di condizionamenti psicologici che mi hanno fatto credere di avere bisogno di quel particolare piacere?
Che forma ha la mia mente?
Ha la forma di ciò che pensa.
Se mi concentro su una montagna la mia mente prende la forma della montagna, se penso al mare diventa il mare, se contemplo un fiore diventa un fiore e, in tal modo, essa nasconde la Sua Vera Natura Vuota, imperturbabile, fatta di Pace e Beatitudine, priva di qualsiasi forma.
Il problema, ovviamente, non si pone affatto durante la contemplazione benefica di un aspetto naturale pacifico.
Se, però, io penso al datore di lavoro con il quale giorni addietro ho avuto un diverbio, ecco che l’identificazione mentale mi procura dolore, anche se il mio capo non è assolutamente presente ai miei occhi. Non riesco ad entrare in me stesso, in quello spazio vuoto di cui parla Patanjali, e mi identifico con tutta una serie di pensieri scaturiti dalla cattiva digestione mentale.
Sono in ufficio anche se sono a casa. Ho davanti a me il datore di lavoro anche se sono solo. Come poter illudermi di essere me stesso?
In quel momento non sono io, bensì tutto ciò che sto sperimentando nella mia precaria condizione mentale.
Gli avvenimenti esterni “accalappiano” la mente in una trappola mortale facendola reagire di continuo. Come conoscere allora la mia Vera Natura? Smettendo di essere succube delle reazioni istintive che hanno prepotentemente il sopravvento, come insegnava anche San Francesco di Assisi con la Perfetta Letizia.
Proviamo per un attimo ad osservarci, come durante le lezioni Yoga dello Studio Gayatri, in uno dei gesti più naturali che, quotidianamente, ci danno la Vita.
Prima inspiriamo, poi espiriamo.
Sembra che abbiamo compiuto solo due operazioni ma non è così.
Tra un respiro e l’altro c’è un vuoto impercettibile, una leggera apnea di cui non ci rendiamo conto.
Allo stesso modo avviene con i pensieri.
Cosa dobbiamo fare allora?
Dobbiamo riuscire a prolungare, il più possibile, per mezzo delle Pratiche Meditative, quel Vuoto esistente tra un pensiero e l’altro, poiché lì in mezzo potremo conoscere chi siamo, senza più identificarci con gli oggetti esterni.
Ogni Tecnica Meditativa, dalla più elementare, alla più complicata, ha come scopo finale il conseguimento dell’annullamento del pensiero.
All’inizio le pratiche ci serviranno solo per ridurre il campo mentale (per mezzo di tecniche elementari) ma poi, via via che ci addestreremo, diventando maggiormente esperti, acquisiremo la facoltà di produrre Stati di Coscienza sublimi e pacificanti.
Surya – Studio Gayatri