Ci mancano tante cose che abbiamo sempre dato per scontate, in questo periodo. Cose, abitudini, luoghi e persone che erano all’ordine del giorno, costanti nella nostra vita.
Ci mancano le cose più ovvie, quelle più banali, quelle più piacevoli alle quali ci sembra davvero impossibile riuscire a rinunciare, e addirittura quelle che abbiamo sempre un po’ odiato.
Sì, perché ci manca andare a fare la spesa il sabato pomeriggio insieme a milioni e milioni di altre persone che, come noi, maledicono ogni volta la scelta di recarsi al supermercato proprio di sabato. Proprio di pomeriggio.
Ci mancano i posteggi pieni, i carrelli che quasi si scontrano tra le corsie degli alimentari. Manca persino la calca delle persone che si stringe in coda alle casse, la frenesia di riempire le borse afferrando tutti i prodotti che scorrono sul nastro trasportatore alla velocità della luce, sempre costantemente sotto lo sguardo impaziente di chi è dietro di noi e aspetta il suo turno.
Sì, adesso ci manca.
Ci manca quello che fino a pochi giorni fa abbiamo sempre odiato. La folla…la gente euforica accalcata nei centri commerciali durante il weekend, la fila alla biglietteria del cinema, le strade e i parchi colmi di biciclette, bambini che corrono, cani al guinzaglio che scodinzolano felici, tutti insieme, tutti vicini, uno stretto all’altro sfiorandosi la pelle mentre ci si supera sul marciapiede. Ci mancano le attese nei ristoranti che sono sempre pieni quando tu hai dimenticato di prenotare, e i tavoli sono tutti uno vicino all’altro, perché c’è tanta gente e troppo poco spazio. Quella vicinanza così fastidiosa e che lascia poca privacy con il nostro vicino di tavolo, ecco adesso ci manca persino quella.
Ci manca restare imbottigliati nel traffico la mattina per andare al lavoro. Ci manca vedere le macchine addossate disordinatamente ai cancelli delle scuole per accompagnare i nostri figli verso l’inizio di una nuova giornata.
Ci mancano le sale d’attesa degli studi medici affollate, in quei bei tempi, sicuramente li chiameremmo così adesso, in cui uno sguardo alla persona vicina a te bastava per intavolare immediatamente una discussione senza che ci sfiorasse il pensiero di mantenere una distanza di sicurezza, o di inorridire al primo starnuto o colpo di tosse non proveniente da noi.
Ci manca il contatto con il mondo e con le persone, che era ed è sempre stato alla base della nostra quotidianità.
Ci mancano i pranzi dalle nonne. Quelli tipicamente e rigorosamente abbondanti, perché “devi mangiare che hai bisogno di crescere” resterà sempre la frase preferita di ogni nonna, anche quando i suoi nipoti avranno trent’anni. E quanto ci mancano le tavolate delle feste e delle occasioni, compleanni, anniversari, Pasqua, Natale, la semplice voglia di stare tutti insieme, stretti stretti. Quelle occasioni per cui si deve sempre allungare il tavolo, aggiungere molte altre sedie provenienti dai luoghi più impensati della casa, per farci stare tutti i commensali. Gli spostamenti di vassoi colmi di cibo, stuzzichini, contorni e salse varie, che devono avvenire a regola d’arte, come gli incastri di un puzzle, per farceli stare tutti, nessuna pietanza esclusa.
Quelle riunioni di famiglia che all’inizio ci mettono quasi sempre di cattivo umore ma che poi sfociano in un vociare unico e quasi assordante, felice e spensierato. Ci manca. Manca poter passarsi il cibo con le mani senza la paura di essersi trasmessi qualche virus subdolo e pericoloso per la nostra salute. Assaggiare con le nostre posate dal piatto del vicino e sorridere. Parlarsi a una distanza che oggi, al solo pensiero, ci farebbe rabbrividire. Mancano i baci della nonna stampati sulla guancia, le pacche sulla spalla del nonno, le foto di gruppo tutti appiccicati, l’uno stretto all’altro se non addirittura, quando l’inquadratura lo richiede, uno sopra all’altro.
Ah, che bello quando i nostri spazi venivano invasi continuamente, e noi ci lamentavamo, certo, ma non correvamo alcun rischio.
Ci mancano le mani paffutelle e curiose dei nostri bimbi, figli, fratelli, nipotini. Quelle manine grassottelle e tanto adorabili che hanno toccato qualsiasi cosa nell’arco della giornata, venirci incontro e stringerci, intrecciarsi a noi e non lasciarci più, non importa se prima non si sono lavati per bene.
Ci manca addormentarci abbracciati alla persona che amiamo, respirare sullo stesso cuscino, intrecciare le proprie dita durante la notte e nell’inconsapevolezza del sonno, e risvegliarsi ancora così. Mano nella mano, pelle contro pelle. Senza nessuna mascherina a dividerci, ma soltanto la distanza del nostro respiro.
Ci mancano le giornate trascorse con la nostra famiglia, a sfornare torte con la mamma, a fare le parole crociate con papà, a cantare tutti insieme sulle note della stessa canzone, senza che il suono allarmante, angosciante e che toglie il fiato dell’ambulanza, crei panico nei nostri pensieri e spenga le nostre voci.
Eppure tutto questo finirà prima o poi, smetteremo di sentire la mancanza della solita normalità. E quando ricominceremo persino a lamentarci e penseremo “ma come ha fatto a mancarmi tutto questo”…allora avremo finalmente fatto ritorno alla normalità. E sarà bellissimo.
Francesca Motta