Sicurezza partecipata: il mantra del futuro

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Sicurezza partecipata: il mantra del futuro

Di questi tempi, il concetto di sicurezza partecipata tiene banco sui tavoli di tutte le segreterie politiche dei partiti nazionali. Questo significa essenzialmente una cosa: il bisogno di sicurezza che la cittadinanza esprime agli amministratori pubblici è chiaro, sostanziale e preponderante.

La prova di tutto questo la ritroviamo proprio nell’evoluzione che ha caratterizzato, nel corso degli anni, il concetto di sicurezza. Le forze politiche hanno dedicato via via sempre più energie ad approfondire i dettami della safety (intesa come il pacchetto di misure volte a garantire la tutela dei cittadini) in concomitanza a quelli della security (definita, invece, come la sicurezza pubblica effettiva e percepita dai cittadini). Questo processo, tecnico e di elaborazione concettuale, ha portato gli amministratori a scontrarsi con alcuni dei più importanti problemi che affliggono la pubblica amministrazione, in primis la limitatezza delle risorse. Di conseguenza, oltre ad una riorganizzazione dei servizi in un’ottica di spending review e alla nascita dei cosiddetti “piani d’intervento mirati”, una delle novità cui si è giunti oramai da qualche anno è proprio il concetto di “sicurezza partecipata”.

Con questo termine vogliamo indicare una nuova tendenza concettuale attiva nel campo della vigilanza, cui molte amministrazioni pubbliche fanno oggi riferimento. Si basa essenzialmente sul coinvolgimento di attori esterni nel piano di sicurezza di una comunità. Partendo dai primi “Comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica” dei primi anni duemila, cui hanno iniziato a partecipare attivamente Sindaci e Polizie Locali, ci troviamo oggi di fronte ad evoluzioni della medesima realtà, nelle quali la sicurezza di città, paesi e quartieri vengono discusse, elaborate e gestite da più attori del territorio in sinergia tra loro.

Sicurezza partecipata oggi significa coinvolgere nei tavoli di lavoro sulla sicurezza soggetti importanti come i comitati cittadini, vero punto di riferimento dell’equilibro sociale di una comunità. Sicurezza partecipata significa creare un’azione sinergica tra le varie forze dell’ordine, ciascuna secondo le proprie peculiarità. Significa sfruttare quelle risorse ancora oggi inutilizzate, come le strutture di sicurezza privata e le tecnologie di videosorveglianza di cui dispongono; significa promuovere lo sviluppo delle associazioni di vicinato e la loro vitale opera preventiva; significa creare un pugno chiuso, unico e indivisibile, tra autorità e cittadini, che si opponga alla devianza sociale e alle sue conseguenze.

Sicurezza, oggi, significa disporre di piani di vigilanza e intervento con un numero limitato di uomini e risorse, che devono utilizzare obbligatoriamente ogni strumento disponibile per la lotta alla criminalità, al degrado e alla devianza sociale. Molti attori nella pubblica amministrazione, partendo dai sindaci per arrivare ai prefetti, hanno ben compreso questo concetto e stanno operando sinergicamente in tal senso. Il futuro prossimo che ci attende sarà volto, con tutta probabilità, ad un conseguente incremento dei livelli di sicurezza nelle nostre città. Ma tutto ciò non sarà mai un singolo punto d’arrivo, un traguardo finale. Il motore di una macchina funziona se ogni elemento meccanico svolge appieno la propria funzione.

Per questo motivo, a corollario di tutto questo, non ci rimane che sperare in una riforma della giustizia e dell’apparato penitenziario condivisa da tutte le forze politiche, incentrata sull’unico e oramai irrinunciabile obiettivo della certezza della pena.

Andrea FOFFANO
Docente ASCE
Docente presso ANVU-ISOPOL
Formatore accreditato presso EUPOLIS-Lombardia

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