MONZA – “Chiedo semplicemente una cosa: il rispetto delle regole, del regolamento condominiale e soprattutto garantire a chi ha acquistato casa di poter vivere tranquillamente tra quelle mura domestiche che sta pagando. Siamo vittime di una situazione di continua messa in deroga, sulla via Asiago si è creato un caso che si vuole spacciare per emergenza”.
Questa volta a parlare non sono i residenti della palazzina di San Rocco che dal novembre 2015 ospita decine di richiedenti asilo. Ad esigere il rispetto delle leggi è Gabriella Porta, amministratrice del condominio, che dal primo momento è saluta sulle barricate al fianco dei suoi inquilini e che ogni settimana inoltra al prefetto, al sindaco e all’assessore alla sicurezza un dettagliato briefing sulla situazione nella palazzina e suoi problemi più impellenti.
“Il prefetto è da un anno che non mi risponde”, precisa. A distanza di quasi due anni però queste parole sono cadute nel vuoto, con richieste e solleciti che non hanno ancora ricevuto risposta. Diversi i problemi messi sul tavolo, ma quello più urgente è garantire la sicurezza. “Come prevede la norma condominiale ho chiesto più volte al prefetto di avere una scheda anagrafica dei migranti – spiega – Mi è stata negata perché si tratta di persone protette. Non so quindi quanti sono esattamente e soprattutto chi sono i richiedenti asilo che vivono nel condominio che io amministro”.
Più di una volta i residenti di via Asiago avevano sollevato questa necessità: la paura di non sapere chi fossero (e quanti fossero esattamente) i loro dirimpettai, lamentando un continuo andirivieni di persone. “Non posso continuare a far spendere soldi per il cambio della serratura o la sistemazione dei portoni”, precisa l’amministratrice.
Uno dei problemi maggiori è soprattutto il rispetto delle regole condominiali. “Con l’allontanamento in primavera di ottanta profughi, lasciando in via Asiago soprattutto le famiglie la situazione non è per nulla migliorata, tutt’altro – precisa – Il regolamento condominiale non viene rispettato: persona che portano la bicicletta in ascensore parcheggiandola poi sul balcone, che portano sul terrazzo la branda, che gettano dalla finestra persino lo scopino del bagno tanto per citare alcuni esempi. Sono comportamenti che il regolamento e il buon senso vietano”.
Costanti le segnalazioni in via Prina. “La prefettura manda tutto in deroga, quella ormai è diventata la parolina magica – aggiunge – Non è ammissibile questa situazione, l’accumulo del non rispetto delle regole crea esasperazione. Dall’inizio della vicenda ho denunciato, segnalato il tutto affiancato da documenti e da fotografie. Ma non ho mai ricevuto risposte”.
L’ultima, pochi giorni fa quando, rivolgendosi ai vertici dell’Ats per aggiornamenti sui sopralluoghi effettuati in alcune abitazioni in seguito alla denuncia dei residenti della presenza esagerata di blatte nel locale immondizia e di miasmi è stata invitata a chiedere formalmente un accesso agli atti.
“Della nostra denuncia si era interessato personalmente anche l’assessore alla Sicurezza Federico Arena che in pieno agosto aveva sollecitato l’uscita degli operatori dell’Ats – continua – Dopo l’ispezione mi hanno detto che avrei dovuto fare la richiesta ufficiale per ricevere la documentazione e che comunque non erano state ritrovate blatte all’interno degli appartamenti. Ma in realtà nessuno aveva parlato della presenza delle blatte nelle case…”.
Gabriella Porta non si arrende e malgrado la kafkiana burocrazia italiana con la quale quotidianamente si scontra non demorde. Il problema della difficile convivenza è risaputo, ma quello che maggiormente la infastidisce è il non rispetto della legge.
“Un condominio residenziale non può essere trasformato in un centro d’accoglienza – conclude – Senza per altro sapere chi stiamo accogliendo. Ci sono regolamenti precisi all’interno dei condomini dove per esempio non è possibile accogliere certi tipi di attività come un ambulatorio medico di malattie infettive o un centro massaggi e poi qui in via Asiago accogliamo centinaia di richiedenti asilo, non conoscendone l’identità. Un condominio residenziale non è attrezzato per fare questo”.
Barbara Apicella