Proprio lo scorso venerdì, 14 febbraio, si è celebrato San Valentino, la festa degli innamorati, la giornata dedicata per eccellenza all’amore.
Non basterebbe però una sola giornata per celebrare l’amore, quello vero e sincero, quel sentimento responsabile di buona parte delle nostre azioni. Quell’amore che regola e governa il nostro agire, i nostri desideri e pensieri, le nostre parole, i nostri gesti più sentiti e generosi, il nostro essere.
Non basta un giorno per esaltare la potenza inesauribile dell’amore e la fondamentale importanza della sua presenza nella nostra vita. Perché l’amore plasma la nostra anima inevitabilmente, attraversa il nostro cuore e lo riempie, lo colma della sua essenza e appaga il nostro vivere. E anche quando l’amore ci delude, spezza il nostro cuore e vi lascia una cicatrice ben percepibile, anche se ricucita, l’amore è quel sentimento sempre capace di cambiarci, di farci crescere, di farci evolvere, di permetterci di capire, e quindi di migliorare.
L’amore è un viaggio all’interno del nostro essere e del cuore dell’altro, un’esperienza ineguagliabile, una scoperta che lascia senza fiato.
Non dovrebbe bastare un solo giorno per celebrare questo sentimento, che deve invece essere onorato e coltivato ogni singolo istante, in ogni nostro gesto e pensiero. Talmente forte, potente e colmo di sfaccettature per poter essere ricordato in una sola giornata.
L’amore, quello vero, quello che sentiamo giusto, è per tutta la vita…e anche oltre.
Lo sapevano bene gli antichi greci che nei loro miti erano soliti raccontare le storie d’amore più struggenti e potenti, che non si esaurivano nemmeno dopo la morte.
Come quella dell’abile cantore Orfeo, le cui dolcissime note incantavano tutti gli esseri viventi, umani, animali, persino belve feroci, nonché piante e fiori. Costui scese fino al temibile regno dei morti per riprendersi la sua amata Euridice. Riuscendo, in parte, nell’impresa perché il suo amore così sincero, così deciso e ostinato, tanto da non fermarsi o arrendersi neppure davanti alla morte, commosse addirittura la regina degli inferi, consorte del tanto temuto Ade, la bella ed eterea Persefone.
Il mito ci racconta quindi di un amore tenace, disposto a lottare contro tutto e tutti pur di riavere al proprio fianco la metà mancante della propria mela, questo è stato l’amore sconfinato di Orfeo per la sua Euridice. Un’Euridice che, sul confine tra il regno dei vivi e quello dei morti, osservando il volto straziato del suo amato che si era voltato impaziente verso di lei quando ancora la sua ombra era parte del regno oscuro, lo ricambia con occhi stracolmi dello stesso amore e, al contempo, della stessa struggente consapevolezza.
Uno scambio di intensi sguardi d’amore che immortala magistralmente nella pietra Canova, scolpendo un Orfeo incredulo davanti alla sconfitta di quella missione, davanti alla visione dell’ombra del regno dei morti che ancora avvolge in parte la sua amata. Si porta una mano alla fronte Orfeo, disarmato e completamente affranto, incredulo e distrutto.
Ma Canova riesce, parallelamente, a riprodurre impeccabilmente e con una maestria del tutto affascinante e ammaliante, anche la stessa Euridice. Con un braccio ancora purtroppo ghermito dall’ombra del regno dei morti che la rivendica senza pietà, e con l’altra mano protesa verso l’amato Orfeo, Canova non ci presenta una donna supplicante nei confronti del suo amante, bensì una donna che incoraggia il suo amato ad andare avanti senza di lei. Lo sguardo di Euridice, infatti, è traboccante di sofferenza, quella di non poter più avere una seconda possibilità con il suo amore, ma anche di una nuova e piacevole consapevolezza, quella che il suo Orfeo ha combattuto perfino contro la morte stessa per riaverla al suo fianco.
E ora lei, ricambiando il suo infinito e sconfinato amore, lo incita a proseguire senza di lei. Quella mano protratta in avanti è una preghiera d’amore che Euridice rivolge al suo amato Orfeo: continuare a vivere senza di lei, continuare a cantare e a suonare le sue soavi melodie anche senza di lei. Perché il loro amore, e le gesta di Orfeo ne sono una prova più che palpabile, è più forte di tutto. Più forte della morte e più resistente di un tempo indefinito trascorso l’uno senza l’altra.
Che meraviglia, dunque, l’amore raccontato nel mito di Orfeo e Euridice. E quanta struggente bellezza scaturisce dalle movenze scultoree del Canova. Quanta meravigliosa magia è racchiusa nell’amore che non sfiorisce e che non si spegne. Mai.
Orfeo e Euridice sono l’incarnazione di quell’amore che si celebra ogni giorno nella vita, sia di quella terrena sia di quella successiva alla morte. Perché l’amore, quello vero, è l’unica cosa che non muore mai.
Francesca Motta