I tempi di questa storia sono quelli della guerra, il posto è Borgo San Lorenzo, vicino a Firenze, i protagonisti un cucciolo meticcio pointer raccolto da un fossato, Fido, e il suo padrone, Carlo Soriani, un operaio. Lo sfondo è una comunità, che giorno dopo giorno assistette alla realtà del legame profondo che lega il cane all’uomo (e non sempre viceversa).
Il 30 dicembre 1943, sotto un bombardamento della zona industriale del Paese, morirono 108 persone. Fra queste anche Carlo Soriani, il padrone di Fido, che allora aveva 4 anni. Fino a quel giorno, il cane ogni volta lo aveva accompagnato al pullman e ad ogni ritorno lo aveva aspettato alla fermata. Dal giorno del bombardamento, dopo la scomparsa di Carlo, quella passegiatadovette misurarsi con una assenza, ma per Fido non cambiò niente.
Lui ogni sera andava al pullman, ad attendere il padrone. Quando il pullman se ne andava, se ne ritornava malinconico a casa.
E lo fece ancora, e poi ancora, per altri 10 anni, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione. Fido divenne leggenda, tanto da meritarsi un monumento.E tanto da far diventare il suo nome il simbolo di ogni cane.
Eppure lui semplicemente aveva fatto quello che l’istinto profondo di ogni cane fa fare al cane stesso. Un gesto nato da quel rapporto fra uomo e animale che dura da millenni. Attendere. Attendere l’arrivo di un uomo, di un padrone, di una padrona, di colui o colei che semplicemente diventato oggetto della sua fedeltà. Ecco il racconto della storia di Fido. Per non dimenticare mai quello che un cane è, fa e rappresenta.