Da qualche settimana ormai abbiamo chiuso gli ombrelloni, depositato sul fondo dell’armadio il costume da bagno e appeso le vacanziere ciabatte infradito al chiodo.
Le giornate si sono fatte improvvisamente più corte, il sole non brucia più la pelle e anzi, comincia a essere progressivamente ostacolato dalla pioggia, quella leggera ma insistente tipicamente autunnale. L’estate, anche se a pensarci bene era solo tre settimane fa, ora è un ricordo.
E come ogni anno, con la fine dell’estate e l’inizio di settembre, ecco che riaprono le scuole. Un nuovo anno scolastico prende il via, una delle poche garanzie che ci sono rimaste: con l’autunno si ritorna ufficialmente sui banchi di scuola, con il naso già immerso nelle pile di libri.
L’estate finisce, l’autunno abbraccia il cielo e gli alberi e per le strade ritornano loro: gli zaini.
Lo zaino o, prima ancora, la cartella è una costante storica della nostra evoluzione scolastica. Ce l’avevano i nostri nonni, ce l’abbiamo noi e, con tutte le dovute modifiche delle generazioni che avanzano, ce l’avranno i nostri figli.
Ma procediamo con ordine: era il 1859 quando l’antenato dell’odierno zaino, fece irruzione per la prima volta nella storia.
In quell’anno, infatti, il Ministro della pubblica istruzione Gabrio Casati, presentò e fece approvare una legge secondo la quale i bambini dovevano saper “leggere, scrivere e far di conto”. La cosiddetta “Legge Casati” sanciva la nascita di un’istruzione elementare gratuita e obbligatoria.
Da questo momento, la celebre cartella entra a far parte della storia.
Non si pensi che allora ci fosse chissà quale ampia disponibilità di scelta tra marche, colori, modelli, soggetti raffigurati. I nostri nonni nemmeno se le immaginavano tutte queste cose. I nostri nonni usavano le cartelle e la loro era uguale a quella di tutti gli altri bambini: ricavate dalla robusta tela di un sacco, il più delle volte militare, oppure da vecchi indumenti.
Le primissime e forti cartelle, consistevano in una specie di busta, chiusa da due bottoni (le cui dimensioni erano tali da contenere lo stretto necessario per la scuola: libro, quaderno e penna) e con un lungo manico di stoffa o pezzi di cinghia inutilizzata, che permetteva di portarla a tracolla. Qualcuno possedeva, addirittura, quelle che potremmo definire delle “cartelle primitive”, ma comunque molto ben strutturate: una custodia fatta da due assi di legno tenute insieme da cinghie di cuoio e alcune di queste avevano inserito anche l’astuccio portapenne.
Quindi, oltre al fascino che questi oggetti, chiamiamoli “antichi” chiamiamoli “precursori”, emanano, è evidente anche quanta inventiva, quanto ingegno, quanta voglia di mettersi in gioco trapelino. Le cartelle dei nostri nonni sono la testimonianza di un’epoca passata, che ha fatto la storia, e nella quale la voglia di sapere, di conoscere, di capire era davvero tanta.
Oggi noi guardiamo le foto delle antenate dei nostri zaini e ci rendiamo conto, più che mai, di quanto due pezzi di legno o di stoffa, tenuti insieme da due strisce di cuoio, abbiamo sancito il cambiamento, la svolta.
I nostri nonni non avevano una lista infinita di libri di testo per l’anno scolastico, non avevano un astuccio pieno di matite colorate, rigorosamente catalogate secondo le sfumature, non avevano nemmeno gli immancabili bianchetti per tirare una riga bianca e cancellare l’errore ricominciando daccapo.
I nostri nonni non avrebbero voluto cancellare nulla di quel periodo storico che avrebbe finalmente permesso loro di imparare a leggere e a scrivere.
All’entrata delle scuole oggi vediamo bambini e adolescenti con questi enormi (quasi temibili) zaini che incombono con tutta la loro pesantezza sulle spalle. Questi zaini contengono di tutto e di più: più di due libri per ogni materia studiata, quaderni, quadernoni, quadernini e quadernetti, astucci con matite colorate, pennarelli, penne di tutti i colori e di tutte le dimensioni…
…e viene da chiedersi quante e quali di queste cose siano davvero necessarie.
Ritorniamo indietro nel tempo e il pensiero va ancora una volta a loro, le care e vecchie cartelle, simbolo di un’epoca in cui l’apprendimento non passava attraverso centinaia di libri diversi, ma la fame di sapere era comunque tanta. Un’epoca in cui non c’erano i supereroi disegnati sugli zaini dei bambini che andavano a scuola, ma i veri eroi erano loro, quei bambini e quelle bambine che andavano incontro al sapere colmi di aspettative, bramosi di conoscenza.
Forse le cartelle dei nostri nonni erano solo materiali di fortuna tenuti insieme da una corda, ma custodivano in sé il palpabile desiderio di sapere. Un desiderio che, si spera, continuino a preservare anche i nostri odierni zaini, una fame di conoscenza che non andrà mai perduta, che non si esaurirà mai.
Francesca Motta