Mauro Forghieri “Furia”, se n’è andato. E con lui il genio di un personaggio unico che ha scritto pagine memorabili della storia Ferrari.
O meglio dell’automobilismo sportivo. Rimane la leggenda di un progettista lungimirante e visionario, capace di scelte tecniche avveniristiche, come quelle della stupenda Ferrari 312, con tutte le sue declinazioni, fino alla mitica T col cambio trasversale, o la PB prototipo che dominò il Mondiale Marche.
E prima ancora la meravigliosa 330 P4, la macchina preferita, capolavoro uscito prima dalla sua testa e poi dalle sue mani.
Mauro Forghieri ha chiuso il suo Gran Premio terreno stamane, dopo essere stato direttore tecnico della Scuderia di Maranello per oltre vent’anni nei quali ha vinto sette titoli costruttori e quattro titoli piloti.
Erano i tempi di Regazzoni e Lauda, Villeneuve e Scheckter e spesso riuscivo a intrufolarmi nei box di Monza, soprattutto durante le prove private che la Ferrari svolgeva sul circuito brianzolo.
Il rumore del dodici cilindri arrivava fino a casa e io subito imbracciavo la mia gloriosa Canon e correvo in autodromo. Passavo le ore a guardare la Rossa e i suoi mitici piloti. E soprattutto mi piaceva sentire i commenti dell’Ingegnere; sempre arguti, ficcanti, pungenti, precisi e spesso risolutivi.
Attento ad ogni dettaglio, ad ogni rumore, ad ogni singola parola detta o sussurrata dai suoi piloti, Mauro Forghieri era sostenuto da un carattere tosto, da una competenza assoluta a 360 gradi, da una cura maniacale del particolare e soprattutto da un carisma che ben pochi personaggi di quel mondo avevano e hanno.
Il paragone con le odierne marionette che si aggirano nei box del Circus sarebbe del tutto devastante per queste ultime, figli e nipoti di un mondo scomparso. Fermo restando la grande evoluzione tecnica delle monoposto, delle cosiddette ‘power unit’ e via dicendo.
Qui si parla di geni, e Furia Forghieri era uno dei pochi prototipi umani che poteva competere al fianco di un altro mago come il commendator Ferrari, che lo aveva scelto affidandogli ad appena 27 anni, nel 1962, il reparto tecnico.
Mauro Forghieri era un progettista a tutto tondo, capace di ideare motori, cambi, alettoni, telai. Tra F1 e prototipi. Sempre sul pezzo. Ma era anche dotato di qualità umane ed empatiche capaci di interpretare i caratteri, non sempre facili, e le caratteristiche di guida del tutto personali, dei tanti piloti che salivano sulle macchine da lui progettate. Perché per vincere ci vogliono si grandi piloti, ma anche ottime vetture. E lui a queste ha dedicato la sua vita.
Un uomo perfetto per il manifesto di Tommaso Marinetti sul futurismo con la sua visione proiettata alle corse, alla velocità, ai record. L’uomo perfetto per Ferrari, che lo conosceva fin da ragazzo e lo aveva lanciato nell’Olimpo dell’automobilismo, alle redini del Cavallino. Rampante, come lui, l’Ingegnere, con la I maiuscola.
In tempi recenti, grazie all’amico comune Lello Apicella, avevo avuto modo di ‘rubargli’ una breve intervista in una simpatica diretta social, nella quale ancora una volta aveva dimostrato disponibilità e ironia, sorrette da una umanità intrinsa dal sapore buono della sua terra, quell’Emilia, valle di motori, che proprio recentemente lo aveva acclamato profeta in patria nella sua Modena, dalla quale non si era mai voluto allontanare.
“Le leggende durano per sempre. È stato un onore fare la storia insieme. Ferrari e tutto il mondo del motorsport non ti dimenticheranno mai”. Queste le parole di commiato scritte a Maranello.
E a ben guardare, quando pensiamo alla Ferrari ci viene in mente il Drake, ma subito dopo arriva Furia. Gente che ha lasciato segni indelebili sull’asfalto di tutte le più iconiche piste del mondo. Tratti di una storia che è leggenda.
Carletto Gaeta