Totocalcio. La schedina. Ve la ricordate?
Già averla fra le dita, con quella carta sottile, quei quadratini da riempire con risultati che sembravano certi, era speranza.
E poi le discussioni, i sistemini, le illusioni, e i 13 che davanti al calcio minuto per minuto si allontanavano, appunto, minuto per minuto.
Il 21 luglio 1946, avvenne la prima vincita al Totocalcio.
Da qualche mese la schedina era entrata nei bar, e il primo 12 fu di Emilio Blasetti, un impiegato che intascò oltre 463 mila lire, più o meno due anni dei suoi stipendi futuri.
Il sogno d’Italia partì da quel giorno, con un Derby della Madonnina vinto dal Milan 1 a 0 e un Torino-Juventus 1-0.
Nella formula vincente non c’erano solo gli 1 X o 2 ma anche i risultati ed eventuali partite di riserva, ma la struttura era quella.
A portare avanti la cosa era la Sisal, fondata dal creatore del gioco, Massimo della Pergola, giornalista triestino.
Gia, cose di un altro calcio in divenire, di un altro sport, (lascio a voi la scelta se definirlo più provinciale o più vero) di un paese che contemporaneamente stava innovando e crescendo.
Oggi, chiaramente, tutto è finito.
Il gioco è diventata una piaga terribile per chi c’è dentro ma utile per lo Stato, che a volte fa anche finta di intervenire, lasciando comunque sempre la sostanza (le slot in ogni angolo della città).
Eppure, non si dovrebbe confondere qualcosa di meccanico, che porta via centinaia di euro in pochi minuti, con qualcosa come il totocalcio che hanno avuto dietro una sapienza, una attesa, una sfida, una storia sociale.
Ma non confondere, è sempre un problema culturale.
Oggi è comodo rendere che tutto è uguale, tutto è uno, così basta una parola, per fingere di demolirlo.
Ciao Totocalcio, resti ai ricordi in bianco e nero, quelli che ormai stanno finendo.