Libero Ferrario. Lombardo, di Parabiago. Ciclista. Il primo italiano a vestire la maglia iridata.

Libero Ferrario è stato uno dei campioni lombardi del ciclismo attorno alla prima guerra mondiale. Il segno della predestinazione di una regione che avrebbe dato grandi campioni e grandi corse, un territorio con la bicicletta, la fatica e il ciclismo nel dna.

Libero era contadino, nato a Parabiago. Un ragazzo forte, sportivo, robusto, attorno a cui nacquero da subito leggende, come quella che avrebbe fermato da solo, a mani nude, un toro inferocito, nelle vie del paese, salvando alcuni bambini verso cui era diretto.

Un fisico così esuberante, si dedicò fin da subito allo sport, ormai nel ‘900 divenuto  attività di massa, sancita anche dalle prime edizioni delle Olimpiadi e dalla “globalizzazione” che stavano vivendo alcune discipline.

Lo sport più popolare, era il ciclismo, primato che tenne fin oltre la seconda guerra mondiale.

Così, dopo vari tentativi in altre attività, Libero, durante il servizio militare in Puglia, salì in bicicletta e non ne scese più. Vinse alcune gare laggiù e tornato a casa si segnalò subito come vincente, correndo vicino a casa gare che sarebbero divenute storiche come la Coppa Bernocchi del 1922 e del 1923, corsa che sarebbe poi diventata una classica del cosiddetto Trittico Lombardo con la Tre Valli (che Libero vinse nel 1924) e Agostoni.

Dal 1921, erano stati istituiti i campionati Mondiali di Ciclismo, aperti sulla falsariga delle Olimpiadi prima maniera, fino al 1928, ai soli dilettanti.

Libero Ferrario su selezionato per l’edizione del 1923 che si svolgeva a Zurigo. Li dominò, entrando nella fuga giusta e vincendo facilmente sul favorito francese Leducq.

Divenne così il primo campione mondiale italiano, una impresa che avrebbe potuto bissare tranquillamente l’anno dopo a Parigi, se non ci fossero stati i vantaggi “ambientali” dati a Leducq, gloria di casa, designato vincitore già in partenza.

Già in quell’anno, Ferrario fu assalito da debolezze strane. Erano i primi sintomi della tisi, flagello ancora difficilmente incurabile che scavò inesorabilmente il suo fisico eccezionale.

Libero si spense dopo aver lottato con il male come faceva con gli avversari, nel 1930, a soli 29 anni.

Libero Ferrario è comunque un campione dello sport italiano comunque non dimenticato, inserito nella storia del Ciclismo Mondiale, come primo iridato, capostipite di una lunga serie di campioni.

Va ricordato anche come campione sfortunato, anche qui, in compagnia di altre storie che non andrebbero mai dimenticate.

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